I numeri sulla nautica italiana ballano, ma restiamo un paese di marinai, forse con meno santi, perché, seppur in calo, la flotta nazionale parla di un settore vivo e rilevante per l’economia tricolore. Continua la lettura di La nautica: un giacimento da valorizzare, due progetti di Assonautica
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Economia del Mare, presentato l’VIII Rapporto Nazionale. Liguria prima regione davanti a Sardegna e Lazio
Le imprese iscritte, al 31 dicembre 2018, nei Registri delle Imprese delle Camere di commercio italiane e operanti nell’economia del mare, sono oltre 199mila, pari al 3,3% del totale delle imprese nel Paese. Se si riduce il campo di osservazione ai soli comuni costieri, le quasi 175mila imprese dell’economia del mare rappresentano il 9,5% del sistema imprenditoriale.
Sono i dati contenuti nel VIII rapporto nazionale sull’economia del mare e nel III rapporto sul Lazio, realizzati da SiCamera – Union Camere Nazionali per la Camera di Commercio di Latina diffusi nella giornata inaugurale della 5° Giornata Nazionale sull’Economia del Mare, la rassegna sulla blue economy organizzata dalla Camera di Commercio di Latina dall’Azienda Speciale dell’Economia del Mare, in collaborazione con Unioncamere Nazionale e Unioncamere Lazio, in programma a Formia e Gaeta fino a domani 26 ottobre.
Il settore in cui si concentra il gruppo più numeroso di imprese della blue economy è quello dei servizi di alloggio e ristorazione, strettamente legato al turismo, cui afferisce il 44,5% del totale delle imprese (quasi 89mila). Il secondo settore per incidenza percentuale è quello della filiera ittica, che va dalla pesca alla vendita al consumatore (“dal mare alla tavola”), che si attesta al 16,8%, con un numero di imprese pari a 33.549 unità.
Altri due settori che hanno un peso percentuale superiore al 10%, sono quello delle attività sportive e ricreative (15,2%) e la filiera della cantieristica navale (13,6%). Seguono a distanza, per numerosità di imprese, la movimentazione marittima di merci e persone, definito anche come “trasporti marittimi” (5,7%), le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (3,8%) e l’industria delle estrazioni marine, con meno di 500 aziende.
Tra le regioni italiane, si conferma al primo posto la Liguria, regione in cui l’economia del mare mostra il peso maggiore sul tessuto imprenditoriale regionale, pari al 9,4% sul totale delle imprese. Seguono poi altre due regioni che superano la soglia del 5%: la Sardegna (6,0%) e il Lazio (5,5%). La stessa soglia viene appena raggiunta in Sicilia, mentre realtà come la Calabria (4,6%), le Marche (4,5%) e la Campania (4,1%), mostrano incidenze superiori al 4%. Il Friuli-Venezia Giulia è invece l’unica regione del settentrione con una quota di imprese dell’economia del mare superiore alla media nazionale: il 3,6% contro il 3,3%.
“La presentazione del rapporto sull’Economia del Mare è ormai diventata un appuntamento fisso, atteso dagli stakeholders istituzionali e anche soprattutto dei privati e imprese e associazioni, sia datoriali che di lavoratori – ha detto Mauro Zappia, Commissario Straordinario CCIAA Latina – Il Lazio è la terza regione dopo la Liguria e dopo la Sardegna per valore aggiunto prodotto e per lavoratori occupati. Nella filiera dell’economia del mare, molta importanza la riveste il turismo, quindi settore alberghiero e ristorazione di costa”.
Alessandro Rinaldi, Si Camera – Union Camere Nazionali: Dal rapporto emerge un settore composito fatto di tanti settori diversi. E’ una filiera che spazia dalla pesca per passare alla cantieristica, per arrivare al turismo all’attività ricettive, che cresce che dal 2014 ha visto un più 10% di imprese rispetto ad una media complessiva dell’1%. Occorre tener conto dell’economia del mare, dell’importanza di queste risorse per il Mezzogiorno, perché nel sud queste attività pesano di più e contribuiscono ancor di più al reddito e all’occupazione”.
Andrea Benedetto, Università Roma Tre: “Un anno fa, il Dipartimento di ingegneria dell’Università Roma Tre ha inteso istituire presso il polo di Ostia un corso di studi in ingegneria del mare. Abbiamo immatricolato il primo anno quasi 150 studenti. Il corso sta avendo un successo significativo. Registro anche una grande soddisfazione da parte degli studenti legata a profili interdisciplinari che diciamo stiamo coltivando con molta attenzione, integrando gli insegnamenti con cicli di seminari sui temi dell’ecologia del mare piuttosto che dall’archeologia sottomarina o questioni di questo genere”.
Massimo Lo Cicero, economista: “L’Italia è il Paese con il potenziale di crescita maggiore in Europa e nel Mediterraneo nell’economia del mare. La previsione trova conferma nel trend degli ultimi anni che ha fatto registrare cifre record tra il 2014 e il 2017, certificate anche nel Rapporto della Commissione Europea. Poi dal 2017 al 2019 la crescita si è fermata a causa della mancanza di politiche adeguate e investimenti sia a livello nazionale che locale. Il vero problema del nostro Paese è la mancanza di un’infrastruttura solida che supporti lo sviluppo della blue economy. Se sosteniamo lo sviluppo dell’infrastruttura cresceranno con essa tutti i settori legati all’economia del mare: il turismo, innanzitutto, la produzione ittica, la nautica, la portualità ma anche il commercio, l’artigianato, lo sport e le attività del tempo libero”.
Per Giovanni Acampora, presidente Confcommercio Lazio, “Gli ottimi risultati vanno governati con una cabina di regia nazionale che metta a sistema i 7500 km di coste del nostro Paese e che in qualche modo consideri una filiera importante qual è quella delle imprese che lavorano all’interno dell’economia del mare, i beni paesaggistici e archeologici e la cultura”.
AP Communication & Media
Andrea Petrella